Lingua Yiddish

La lingua yiddish, o giudeo-tedesco è una lingua germanica occidentale parlata dagli ebrei aschenaziti. È utilizzata da numerose comunità in tutto il mondo ed è scritta con i caratteri dell'alfabeto ebraico.

Cultura Yiddish
Luftmensch

La curiosa parola tedesca Luftmensch è composta da Luft-aria e Mensch-uomo, cioè alla lettera significa uomo dell'aria. Nel saggio Il Malinteso Franco La Cecla la cita commentando Steiner: "Il suo (di Steiner) è un appello all'universalismo, al cosmpolitismo dei migranti, quelli che i nazisti chiamavano Luftmenschen - uomini dell'aria, quelli che non concepisocno radici, quelli che stanno con i piedi sollevati da terra." Veronica Pellicano scrive che il termine Luftmenschen è usato da storici e sociologi per definire gli uomini che vivevano di aria e nell'aria, per i quali ogni giorno rappresentava una lotta per la sopravvivenza, un arrabbattarsi quotidiano per sfamarsi, un vagare senza mai toccare con mani e piedi la realtà, chiusi in un mondo tutto loro , fatto di preghiera, rinunce, sopportazione (scopri di più).
Nella lingua inglese di oggi Luftmensch sta per persona che non ha un reddito e un lavoro definiti, un tipo poco pratico e non realista, ma anche una persona impegnata in delicate questioni intellettuali, il contrario di un materialista.
Indica anche un sognatore, insomma, chi vive felicemente tra le nuvole, dove non ci sono orari né scartoffie.

Nakhes

Un misto di piacere ed orgoglio, in particolare quello di un genitore nei confronti del figlio. È qualcosa da cui si viene deliziati: "possa tu avere solo nakhes da tuo figlio!".

Brèn

"Bruciare", una persona dotata di grande energia, che "sprizza energia da tutti i pori".

Farblondjet

Vagare senza avere la minima idea di dove ci si trovi. Per alcuni è un'arte. Come dice il famoso Nachman di Breslov: "Non chiedere la strada a nessuno, non potresti più perderti".

Dibbuk

Nelle leggende ebraiche, il dibbuk è l'anima tormentata di un essere morto troppo presto, prima dell'ora prevista da Dio. Il suo spirito s'impadronisce di un corpo vivo per tutto il tempo che gli rimane da vivere sulla terra. La storia è magnificamente narrata nel film Il dibbuk, girato nel 1937 all'aperto in Polonia. Gli ebrei dei paesi dell'Est non danno mai a un neonato il nome di una persona morta giovane senza figli, per paura che il suo dibbuk prenda possesso del neonato (scopri di più).